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Provate a immaginare Ferrara diversa da quella che è oggi, e cioè non un territorio completamente pianeggiante, uniformato nei secoli da innumerevoli bonifiche. Provate a immaginarla circondata dall’acqua, ma proprio da tanta acqua. Per molto tempo infatti la città fu un vivace centro di attività portuali e un importante approdo di navi e barche di ogni tipo. L’acqua a Ferrara si è sempre dimostrata un elemento essenziale per instaurare rapporti commerciali e strategici, ma anche il collegamento necessario per mettere in relazione il territorio con altre culture, mode, realtà, soprattutto lungo tutto il Rinascimento.
Andiamo per ordine.
Ferrara e il fiume Po
Intorno all’anno Mille, la città presenta un struttura urbana già consolidata. Ferrara è una città lineare che si sviluppa nell’area definita dal corso del Po e dal tracciato di una strada romana, via dei Sabbioni. La città si estende per circa un km parallelamente al fiume, a cui si connette direttamente attraverso un sistema di canali, pontili di attracco e zone di scarico. Per esempio, via Ripagrande costituiva l’arteria principale, ed era direttamente connessa alla via d’acqua.
Il Po e il sistema di comunicazioni che esso configura rappresentano l'elemento propulsore dell’economia del ferrarese, capace di ordinare e influenzare lo sviluppo della città. Il corso del Po al nodo di Ferrara si divideva in due rami: Primaro e Volano, individuando così due assi navigabili di estrema importanza che collegavano il territorio ferrarese al mare, alla Romagna e al territorio di Venezia. In uno scenario simile, Ferrara si trovava proprio al centro degli scambi commerciali tra le regioni settentrionali. Ai tempi del primo nucleo della città, il principale porto doveva essere ubicato nei pressi del monastero di San Martino, oggi in via Fondobanchetto, e fungeva da punto di raccolta delle merci prodotte nell’area e di smistamento del sale comacchiese. La prima cattedrale (l’attuale chiesa di San Giorgio) sorgeva invece fuori dalle mura, al di là del fiume.
La prima città moderna d’Europa
Nella prima metà del XIII secolo interviene un fondamentale fattore di trasformazione del territorio: sul piano politico si delinea e afferma il primato degli Estensi sulla città. Con il consolidarsi del loro potere si avviano anche una continua serie di lavori per effettuare la bonifica di una vasta parte del territorio invaso dalle acque. Grazie all’ambizione dei duchi estensi, al talento e la lungimiranza di alcuni celeberrimi architetti come Biagio Rossetti (1447-1516) o Giovan Battista Aleotti (1546-1636), Ferrara assume sempre di più l’immagine di una città florida, attiva e funzionale. Con lo sviluppo urbano, alla città si aggiungono altri tre porti, i cui nomi corrispondono a quelli delle attuali chiese San Nicolò, San Michele e San Giacomo. In seguito questi tre porti saranno sostituiti dal porto di San Paolo, nei pressi dell’attuale Porta Paola.
Una piccola curiosità: lo sapevate che nel 2003 durante una serie di interventi di scavo, è stata rinvenuta una piccola imbarcazione fluviale, risalente al XV secolo, proprio nella zona di Porta Paola?
Ma torniamo al dominio di Borso d’Este (1450-1471), quando si inglobò dentro le mura della città l’ex isola di Sant’Antonio, ormai unita alla terraferma per il progressivo interrarsi del Po di Ferrara. Con Ercole I d’Este (1471-1505) prende corpo la gigantesca opera urbanistica che tutt’oggi è conosciuta come Addizione Erculea. La realizzazione di questo grandioso progetto è stata affidata all'architetto Biagio Rossetti o, come si diceva allora, al "muradore" di corte: Ferrara diventa così la “prima città moderna d’Europa”. Sul finire del XV secolo, si passò alla provincia, al territorio di Canal Goro (Codigoro), ma il problema venne affrontato in maniera più organica e con notevole impiego di capitali da Ercole II (1534-1559) e poi dal suo successore Alfonso II (1559-1597).
Ferrara e l’acqua: un legame indissolubile
Nei primi decenni del Cinquecento, quando la parte del Po di Ferrara venne compromessa dal disordine idraulico dovuto alla deviazione dei torrenti appenninici, per la città inizia un rallentamento dei traffici commerciali. Fu affidato a Giovan Battista Aleotti il compito di rivedere e reinventare nuovi accessi all’acqua: per ripristinare i traffici fu creato un collegamento al fiume Po mediante un canale tracciato tra la località Lagoscuro e la porta urbana di San Benedetto. Questa via d’acqua, nota come cavo del Barco, garantiva il trasporto di persone e merci fino alle mura cittadine e attraversava i terreni del Barchetto ducale, superava la via degli Angeli (l’odierno corso Ercole I d’Este) e si inoltrava nei giardini della Montagnola, fino alla delizia della Montagna di Sotto. Il cavo del Barco aveva diverse funzioni, ma principalmente era stato realizzato per permettere ad Alfonso II di spostarsi in barca a suo piacimento, “senza esser veduto da quelli della città”.
Una cosa è certa: lungo diversi secoli, la famiglia d’Este ha dimostrato una incredibile capacità di cogliere e sfruttare al meglio le potenzialità dell’acqua. E ancora oggi, in città, possiamo ammirarne i risultati.